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Francesco Patrizi

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Professione: Filosofo, storico e innovatore del sapere
Luogo: Dalmazia
Autore: Sergio Cella

Francesco Patrizi ( Cherso, 1529 - Roma, 1597 ) Pensiero poliedrico e penetrante che travalica i confini delle varie discipline, uomo dalla visione innovatrice, maggior critico della scolastica dominante, Francesco Patrizi originario dell’isola di Cherso, si colloca tra i più importanti filosofi del tardo Rinascimento. Le sue ricerche filosofiche, scientifiche, artistiche e letterarie furono coronate, al compimento del 62esimo anno d’età, con la celebre Nova de universis philosophia, opera alla quale qualche anno più tardi si ispirerà lo stesso Galileo. Il suo brillante metodo scientifico, fondato sulla ricerca delle fonti filosofiche antiche e medievali, rafforzò l’autonomia disciplinare delle ricerche storico filosofiche e conferì a Patrizi una posizione di rilievo nel mondo accademico. Donò, inoltre, ai suoi testi, chiarezza e attendibilità, per cui divennero un modello scientifico–metodologico per intere generazioni di studiosi. Collocatosi in un periodo di passaggio ai tempi moderni, Patrizi fu uno di quei personaggi destinati a chiudere con l’epoca precedente segnando, contemporaneamente, un momento luminoso nella storia della civiltà dalmata e italiana. Audace riformatore del sapere, è considerato precursore della rivoluzione scientifica compiuta in Italia nel Seicento. Nacque a Cherso nel 1529 da una nobile famiglia, ebbe per cugino l’eretico Baldo Lupetina, percorse l’intero Mediterraneo, visse in varie città italiane, morì a Roma nel 1597: è sepolto nella chiesa di Sant’Onforio insieme al Tasso. La sua vita è ben documentata: a nove anni si imbarcò su una nave, per diventare marinaio; a 15 anni scense a Venezia, studiò grammatica dal frate Andrea Fiorentino, e continuò a Ingolstadt sotto la protezione di Mattia Flacio (seguace di Martin Lutero, proveniente da Albona d’Istria), dove si perfezionò in greco, ed entrò in contatto con i protestanti. Scoppiata la guerra con Carlo V, a 18 anni tornò a Padova: iniziò lo studio della medicina, ma desistette velocemente preferendo le materie umanistiche, per due volte diventò presidente della Congrega degli Studenti Dalmati, e pubblicò i suoi primi scritti. In questo periodo studiò le concezioni filosofiche dominanti e alternative (mise a confronto i sistemi di Platone e Aristotele con modelli mistici, caldeici, arabi, ebraici, ermetici e sincretisti). Scomparso il padre, Patrizi 25.enne vendette i libri di medicina, tornò a Cherso per sistemare alcune questioni ereditarie, ma si ammalò di malaria e il suo soggiorno diventò una permanenza di quattro anni. Tornato in Italia, si presentò alla corte di Ferrara, offrendo al duca Ercole d’Este l’ultimo lavoro, l’Eridano. Il poema non riscosse il voluto successo. Si stabilì quindi a Venezia, e fondò con Bernardo Tasso l’Accademia della Fama. Qui si dedicò alle ricerche storiografiche, e scrisse i Dialoghi della Historia e Dialoghi della Retorica. Proprio nel momento in cui si accingeva a pubblicare gli scritti, il suo protettore Giorgio Contarini lo mandò a Cipro con il compito di amministrare gli interessi della sua contea. Ma Patrizi decise di svincolarsi da tale incombenza e chiese la protezione dell’arcivescovo Filippo Mocenigo, per il quale affrontò il servizio militare nelle forze navali veneziane sotto il commando di Andrea Doria. Partecipò ai combattimenti nei pressi di Cittanova, e poco prima del quarantesimo compleanno tornò in Italia, con un pacco di manoscritti greci, ricordo della sua permanenza a Cipro. Si stabilì a Padova, aiutò il nipote dell’arcivescovo negli studi, e recuperò il tempo perduto: in meno di tre anni ultimerà le Discussioni peripatetiche (1571). Sono gli anni del fallimento finanziario: perse tutto il patrimonio investito in cotonami a Cipro (per colpa dello sbarco dei turchi), e non guadagnò certo nella vendita dei manoscritti ciprioti a Filippo II (per la collezione dell’Escorial, dopo l’incendio del 1617, ne rimarranno 27). Gli amici modenesi gli offrirono sostegno e conforto, e lui fece loro omaggio con la neoplatonica Amorosa filosofia. Dal 1577 insegnò per 15 anni filosofia all’università di Ferrara; nel 1592 accettò l’invito dell’ex compagno di studi, papa Clemente VIII di passare alla cattedra della Sapienza. Il periodo ferrarese fu per Patrizi uno dei cicli più fecondi: uscirono i suoi studi strategici, poetici, letterari, matematici, filosofici. Tra questi, nel 1591 la Nova de universis filosofia, all’inizio accolta con acclamazioni, e poco dopo condannata alla distruzione (dalla Congrega degli Indici, che poco prima aveva condannato la Liberata). Nel periodo romano pubblicò il suo ultimo studio Paralleli militari, in cui paragonò le tattiche militari romane con quelle allora in uso. Fu membro della “Congrega di San Girolamo”, e dal 1587 Accademico della Crusca. Morì il 6 febbraio 1597 a Roma.