Professione: Politico
Luogo: Fiume e Quarnero
Autore: Gianpaolo Dabbeni
Nato a Fiume il 2 luglio 1879 da famiglia schiettamente italiana, inizia fin da giovane la lotta politica, pervaso d'amor patrio per la sua città.
Già dal 1898 collabora assiduamente alle pubblicazioni del giornale La Difesa, organo di stampa irredentista clandestino.
Nel 1902 si laurea in giurisprudenza a Camerino; poi ritorna a Fiume dove viene eletto prima segretario e poi presidente del locale circolo letterario. Fonda la biblioteca "Alessandro Manzoni", strumento fondamentale per diffondere negli strati popolari la coscienza nazionale e il sentimento d'italianità anche in funzione propriamente politica. Fiancheggia con ardore la Giovane Fiume, sorta sul modello della Giovine Italia di Mazzini, vero centro del risveglio nazionale fiumano. Nel 1906 pubblica La Vedetta, periodico mensile d'arte, di scienza e di lettere, al quale collaborano nomi illustri della Venezia Giulia.
Nel 1907 viene eletto consigliere comunale e contribuisce a dare un indirizzo particolarmente patriottico all'amministrazione cittadina. Nel 1908 prende parte al pellegrinaggio degli irredenti sulla tomba di Dante a Ravenna, recando la bandiera di Fiume. Partecipa, inoltre, sempre più attivamente a tutte le attività politiche, culturali ed educative della sua città e di tutto il Carnaro.
Nel 1910, intuendo che con la neonata "Associazione Nazionalista Italiana" di Roma vi è la possibilità di far opera di sensibilizzazione alla causa della sua terra, comincia a pubblicare articoli e documenti inerenti il problema adriatico.
A causa della sua attività politico-culturale, subisce angherie e soprusi dalle autorità magiare, per cui deve trasferirsi con la famiglia ad Ancona, dove ottiene la cittadinanza italiana e apre uno studio d'avvocato. Seppur lontano dalla sua città, continua a mantenere i contatti con i fiumani e ad operare in favore della causa sua e dei suoi concittadini.
Con lo scoppio della guerra, nel 1914, comprende che è arrivato il momento decisivo anche per la sua città e, quindi, percorre tutta la penisola per sollecitare, con conferenze e articoli, l'intervento dell'Italia in favore dell'irredentismo delle terre giuliane e della rivendicazione nazionale delle terre fiumane.
Nel 1915 si arruola, assieme ad altri fuoriusciti fiumani, nell'esercito italiano; nel 1916 viene inviato in Russia per recuperare i prigionieri irredenti. Quindi ritorna al fronte e, dopo la battaglia di Vittorio Veneto, entra a Fiume con le prime truppe italiane ed è incaricato del collegamento tra l'ammiraglio Thaon di Revel e le autorità cittadine.
In seguito viene eletto membro del Consiglio Nazionale. Ritornato alla vita civile, sceglie la professione di notaio pubblico. Ma l'annessione di Fiume all'Italia viene osteggiata dalle potenze alleate, situazione che impone la continuazione della lotta nazionale.
Bacci partecipa all'impresa fiumana di D'Annunzio, fin dalla partenza da Ronchi, e, in seguito alla proclamazione della Reggenza del Carnaro, viene chiamato dal poeta pescarese a far parte del Rettorato agli interni e alla giustizia.
Nelle dolorose vicende del "Natale di sangue", Bacci si batte strenuamente, contrario a qualsiasi compromesso e a qualunque accordo segreto mercanteggiatore della volontà di Fiume, animato da un unico ideale: l'annessione della città quarnerina all'Italia, evento che si realizza nel 1924.
Negli anni di pace, Bacci contribuisce validamente alla sua rinascita, occupando posti di responsabilità presso enti ed istituzioni comunali e provinciali, riscuotendo la gratitudine della cittadinanza per le opere svolte a favore dello sviluppo di molte istituzioni morali, assistenziali ed educative.
A riconoscimento delle sue qualità di patriota, di combattente e di benefattore, viene eletto senatore del Regno l'8 maggio 1930.
Nelle vicende dolorose e catastrofiche della seconda guerra mondiale Bacci si comporta, come ha sempre fatto, da vero italiano, assumendosi le proprie responsabilità; coerenza morale per la quale viene fucilato dagli iugoslavi nel 1945.