Professione: Drammaturgo avventuriero, poeta irrequieto e ribelle
Luogo: Dalmazia
Autore: S. P. Novak; Ildebrando Tacconi
Marino Darsa, di spirito irrequieto e soprannominato Vidra (Lontra), nacque a Ragusa nel 1508, in una numerosa famiglia popolana che perdette la nobiltà per colpa di un avo che scappò da Cattaro per paura di prendere la peste.
Marino durante la vita fu prete e organista a Ragusa, studente goliardico a Siena, avventuriero a Costantinopoli, canonico a Venezia, cospiratore contro l'oligarchia ragusea e drammaturgo controverso.
Già prete a diciotto anni, nel 1526 viene eletto rettore della chiesa di Ognissanti a Ragusa.
Un decennio dopo, a 30 anni, ricevette dal Senato una borsa di specializzazione in diritto canonico a Siena, dove, in breve, venne eletto dagli studenti Vicerettore dell’Università (ma era Rettore a tutti gli effetti in quanto quest’ultimo non era stato nominato da anni), e avviò dei contatti con alcune compagnie teatrali, acquisendo in poco tempo la fama di organizzatore di “mascherate” e feste goliardiche.
In una di queste, nei pressi di Siena, nella casa di un nobile, Darsa interpretò la parte dell’amante in una “commedia proibita”, forse scritta di suo pugno.
Lo spettacolo venne interrotto dalle guardie che arrestarono Darsa ed i suoi amici, per oltraggio alla morale ed al costume.
È difficile immaginare che il suo essere prete si sposasse felicemente con la sua indole gaudente e burrascosa: dopo sette anni di vita spensierata, avendo ormai speso i soldi del Senato e soprattutto perso interesse per gli studi, Marino tornò a casa nel 1545.
Qui, amante della bella vita, contrasse numerosi debiti tanto da condizionare la sua esistenza alle incursioni dei creditori.
L’incontro con il conte Rogendorf, - inviso alla Corte di Vienna, passato al servizio della Spagna, e in viaggio per Costantinopoli -, lo spinse a mutare programmi e a proporsi come suo cameriere ma, giunti in Turchia, il conte trovò un accordo con la Corte di Vienna, e tornò a casa.
Darsa lo seguì, ma senza entusiasmo e dopo tre mesi tornò nuovamente a Ragusa.
Il viaggio successivo del conte a Costantinopoli vide Darsa nel ruolo di interprete.
Ma la situazione si complicò e, sfumati gli affari e la prospettiva di lauti guadagni, tornarono a casa sconfitti.
Darsa si stabilì nuovamente a Ragusa, e dal 1548, per ben dieci anni - dopo otto lustri di vagabondaggi – si dedicò esclusivamente a portare in scena ciò che aveva visto e udito girando per il mondo non senza suscitare l’indignazione dei personaggi al potere. (
opere)
Amareggiato dalle avversità in patria - non condivideva soprattutto l’atteggiamento servile nei confronti dei Turchi -, e insoddisfatto dell’oligarchia della Repubblica, dopo il 1560 decise di ripartire, questa volta la meta fu Venezia, dove divenne cappellano del vescovo.
Nel 1566 si trovò a Firenze, dove cercò di entrare in contatto con Cosimo de Medici.
In sei lettere (la prima è andata perduta) gli chiese di adoperarsi per far crollare il governo di Ragusa (
“guidata da venti pazzi e brutti mostri, ridicoli negli occhi del mondo”).
Cosimo non lo prense sul serio, o forse...
Marino Darsa, infatti, morì improvvisamente a Venezia il 2 maggio 1567 all’età di 59 anni, per cause ignote.
Fu sepolto nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo.
Marino Darsa (Marin Drzic), è considerato il primo scrittore dalmata con sensibilità moderna, le sue commedie figurano tra le migliori della letteratura europea: come quelle di Lope de Vega, o Ben Johnson, si riconnettono alle correnti di forte vitalità, celebrando l’amore, la libertà e la sincerità, deridono l’avarizia, l’egoismo e la piccola tirannia sia all’interno della famiglia che dello Stato